La bidimensionalità del disegno

 

battaglia cascina michelangelofontana (2)duchamp gioconda

 

 

 

 

 

Le avanguardie rappresentano un momento di rottura con il passato, un distacco volto alla rappresentazione della scena figurata evolutasi da uno stato di ieraticità ad introdursi man mano nell’ espressione per aderire sempre meglio ad una verità empirica, vivida perché proprietà dell’ intelletto.

Il termine ieratico si pone in direzione di una metafisica concepita come lo spazio altro nella rappresentazione dello spazio; lo spazio altro nella rappresentazione dell’ uomo; lo spazio altro nel fenomeno come elemento di congiunzione tra spazio e vita-anima-spiritualità, inanimato e animato.

Come conseguenza delle avanguardie storiche vige l’ approdo al Ready Made di Duchamp che prevede l’ oggetto in toto relazionarsi alla realtà temporale dello spazio presente, oggettivo.

Indagando l’ origine del concetto di spazio è utile risalire al momento in cui se non all’ introduzione realizzata da Giotto, almeno al fulcro originario della separazione spazio-spazio psichico- spazio fenomenico, il quale costituisce l’ azione; e se la pittura, poi la scultura rappresentano le forme di concretizzazione di relazione con lo spazio, il disegno nel progetto rappresenta la prima istanza di concetto spaziale, dove lo spazio per essere progettato, prima deve essere pensato.

Negli schizzi della Battaglia di Cascina del 1506 di Michelangelo è interessante osservare il disegno, tutto elaborato sul segno deciso, definito, fondamentalmente geometrico nonostante egli sia l’ artista del phatos, un segno fatto di rette parallele che definiscono lo spazio deputato alle ombre e semicerchi in archi a tre quarti fondati sulla struttura del cerchio a circoscrivere la materia muscolare nello spazio della luce, la quale viene a coincidere con la carne. Il chiaroscuro acquista in Michelangelo un significato grafico, vivace, al posto della manifestazione “virtuosa” di una costruzione tanto solida quanto immutabile nel rendere la figura concettualmente sterile.

Il segno grafico in Michelangelo perde valore illustrativo e diviene un fatto strutturale determinato, allo stesso tempo fecondo, sviscerato dalla retorica, fautore di una grafica la quale si dispiega concretamente entro il concetto di disegno, e se non illustra, determina il peso equivalente di ombra e materia, assenza e presenza fisica in un rapporto sostanziale di parità.

Gli elementi corrispondono al semicerchio, alla retta obliqua parallela, utilizzata come metodo di definizione astratto rispetto alla realtà materiale. Di contro il segno a definire la carne è fondamentalmente il cerchio, il quale corrisponde graficamente al phatos inteso come la coniugazione della materia del sentire al tutto, in un rapporto considerato in relazione allo spirito divino costretto a passare per la carne, ma che nel disegno riesce a preservare il suo valore astratto in una forma tesa a suggerire semplicemente la materia viva attraverso il segno, di una pulizia elementare.

Da questo punto possiamo osservare addietro, rivolgendo l’ attenzione alla miniatura medievale nei libri eseguiti dagli amanuensi per capire il significato espressivo legato alla concezione di creature trascendentali come simboli di valori al negativo, inesistenti in realtà per cui configurazioni di concetti astratti, appartenenti all’ ombra nella negazione della materia affermata tramite l’ assenza di materia di carattere neoplatonico.

Guardando al futuro, in un salto temporale possiamo giungere alla forma dell’ arte nella contemporaneità; è interessante osservare il disegno di Fontana a monte del suo Spazialismo, in cui l’ opera prima di aprire il campo pittorico allo spazio, viene pensata attraverso il segno, il quale racconta letteralmente la storia dell’ affresco, l’ arabesco barocco e la sua linea portante, nel tempo fattasi ovoidale, nonché l’ approdo della contemporaneità alla retta verticale a simboleggiare un’ apertura sullo spazio del campo pittorico.

La retta quindi diviene la rappresentazione fisica dello spazio stesso, una retta negazione di luce e di materia, come concetto astratto all’ opposto della luce ed incapace di riflettere. Ma Fontana capovolge l’ essenza Neoplatonica rivolta alla presenza di Dio. Se la retta in libera associazione corrisponde ad un taglio nello spazio, Fontana materializza la retta nel taglio, è la materializzazione dello spazio nell’ assenza di materia prodotta dal taglio ed esso viene a configurare etereità.

Il valore della retta in Fontana è il valore della libertà interdisciplinare la rappresentazione e disgiunge il punto dalla sua ineludibile forza gravitazionale, ad esso connaturata come punto magnetico di forza attrattiva. Se stabilissimo una relazione diretta tra punto e retta, la relazione tenderebbe a configurare lo spazio, ad esempio la sezione della proiezione centrale del cono visivo o la configurazione spaziale delle forze esercitate da un buco nero. Ma Fontana si limita, anzi limita il progetto attraverso il disegno a relazionare punto e retta in termini concettuali perché in relazione indiretta, essi non interagiscono alla configurazione, invece si relazionano in termini astratti forza/gravità-dogma-verbo, come concetti indipendenti scaturiti dalla forma analitica, introdotta dallo studio effettuato nell’ impressionismo dove la luce in quanto fattore incidente la materia nella riflessione diviene l’ oggetto.

Nello spazio è possibile solo la rifrazione come genialmente osservato da Leonardo Da Vinci.

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